Il Tar Lazio, in accoglimento delle nostre difese a difesa di un Vice Sovrintendente della Polizia di Stato, ha annullato il bando di concorso interno per l’accesso alla qualifica di vice sovrintendente della Polizia di Stato, i cui vincitori sono stati nominati nella qualifica con decorrenza giuridica dal 1° gennaio 2005, in applicazione dell’art. 24-quater, d.p.r. n. 335/1982, secondo cui i vincitori di tali procedure «vengono nominati con decorrenza giuridica dal 1 gennaio dell'anno successivo a quello nel N. 02613/2021 REG.RIC. quale si sono verificate le vacanze [in organico coperte con la procedura concorsuale]»

Leggasi testualmente nella sentenza: "E' illegittimo il bando di concorso per non aver consentito al ricorrente di far valere – “virtualmente” e ai limitati fini della presente procedura – un’anzianità nel ruolo dei sovrintendenti calcolata secondo il principio di cui alla sentenza n. 224/2020 (rectius: secondo la situazione normativa dalla stessa delineata), ovvero per non aver previsto, sempre ai limitati fini della procedura concorsuale, un meccanismo di riallineamento dell’anzianità del ricorrente che gli consentisse di non continuare a subire (in sede concorsuale e, quindi, solamente pro futuro) l’irragionevole discriminazione acclarata dalla sentenza n. 224/2020".

"Il dovere dell’amministrazione di fare applicazione del nuovo art. 75, c. 1, d.p.r. n. 335/1982 (ovvero della situazione normativa conseguente alla pronuncia della Corte costituzionale n. 224/2020) discendeva e discende, infatti, dall’insieme di precetti e principi appena sopra richiamato e di seguito più compiutamente illustrato. 28.1.1. In primo luogo, vanno considerati il precetto secondo cui «le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazioni dal giorno successivo alla pubblicazione» (cfr. art. 30, l. 11 marzo 1953, n. 87), il generale principio tempus regit actum e lo specifico dictum della sentenza della Corte costituzionale n. 224/2020 che ha dichiarato illegittimo l’art. 75, c. 1, d.p.r. n. 335/1982 «nella parte in cui non prevede l’allineamento della decorrenza giuridica della qualifica di vice sovrintendente promosso per merito straordinario a quella più favorevole riconosciuta al personale che ha conseguito la medesima qualifica all’esito della selezione o del concorso successivi alla data del verificarsi dei fatti». Dal combinato disposto di tali precetti, infatti, non discende solo il dovere per la p.a. resistente di applicare pro futuro (ovvero in relazione alle nomine successive alla sentenza n. 224/2020) il nuovo combinato disposto degli artt. 24-quater, c. 7, e 75, c. 1, d.p.r. n. 335/1982, ma anche il dovere di applicare il meccanismo di riallineamento (individuato dalla Corte costituzionale come necessario strumento di rimozione dell’irragionevole disparità di trattamento accertata) nell’ambito di attività amministrative che, lungi dall’incidere irragionevolmente su rapporti esauriti, appaiono necessariamente orientate al futuro. A tale tipologia di attività, può essere senz’altro ricondotta l’indizione di un bando di concorso per consentire agli appartenenti al ruolo dei sovrintendenti (ruolo di provenienza) di accedere al (diverso) ruolo dei viceispettori (ruolo di destinazione).

Da un lato, infatti, è evidente che l’indizione di una procedura concorsuale interna per l’accesso al ruolo dei viceispettori (e la determinazione dei titoli valutabili nell’ambito della stessa) non incide in alcun modo sulla collocazione dei potenziali candidati nel ruolo di provenienza (ovvero in quello dei sovrintendenti). È chiaro, quindi, che la previsione nell’ambito del concorso oggetto del presente giudizio di un meccanismo di riallineamento “virtuale” dell’anzianità dei candidati, conforme al principio di cui alla sentenza n. 224/2020, non avrebbe in alcun modo inciso sulla collocazione del ricorrente nel ruolo dei sovrintendenti, ovvero non avrebbe affatto messo in discussione «assetti amministrativi consolidati» da tempo.

Di converso, è evidente che l’avvenuto consolidamento delle diverse posizioni nel ruolo dei sovrintendenti conseguente all’inoppugnabilità dei decreti di nomina non può costituire un limite alla successiva attività che l’amministrazione ha il dovere di porre in essere, su tratti liberi dell’azione amministrativa e senza incidere su posizioni consolidate, alla luce delle sopravvenienze normative verificatesi (in applicazione del principio tempus regit actum); sopravvenienze tra cui rientra senz’altro il mutamento della situazione normativa ad opera della sentenza della Corte costituzionale n. 224/2020.

Né tantomeno può ritenersi che la previsione di un meccanismo di riallineamento (coerente con la regola di cui alla sentenza n. 224/2020) avrebbe inciso sull’affidamento maturato dagli altri candidati in relazione alla loro specifica posizione nel ruolo dei sovrintendenti: la tutela che l’ordinamento riserva a un siffatto affidamento, infatti, è limitata alla garanzia di non veder modificata in peius la loro posizione in tale ruolo (così come consolidata a seguito dell’inoppugnabilità dei provvedimenti di nomina) e non si estende alla garanzia di un vantaggio competitivo permanente degli stessi in future procedure concorsuali nei confronti degli altri appartenenti al ruolo collocati in posizioni deteriori a causa di una normativa di cui è stata acclarata l’illegittimità costituzionale.

Ancora, sotto altro profilo, deve ritenersi che la previsione nel bando di concorso impugnato di un meccanismo di riallineamento “virtuale” dell’anzianità del ricorrente ai sensi della sentenza della Corte costituzionale n. 224/2020 era doverosa anche alla luce del generale principio secondo cui è necessario che tutti gli organi dello Stato si adoperino, nei limiti dei rispettivi poteri e nell’ottica di un ragionevole bilanciamento dei diversi interessi coinvolti, per consentire il superamento di una situazione di ingiustificata discriminazione già accertata da una pronuncia della Corte costituzionale. Se, infatti, è ormai ius receptum che il dovere di tutti organi dello Stato di conformarsi al diritto dell’Unione Europea deve sempre orientare sia l’attività amministrativa sia quella giurisdizionale, fino ad imporre, nello svolgimento delle stesse, un necessario contemperamento tra la doverosa tutela di situazioni giuridiche connotate dal crisma della definitività e l’altrettanto stringente necessità di impedire il consolidamento di una violazione del diritto dell’Unione (cfr. Consiglio di Stato, A.P., 9 giugno 2016, n. 11), va parimenti ritenuto che, in ragione del generale dovere di tutti gli organi dello Stato di orientare la propria azione all’inveramento dei precetti costituzionali, la pubblica amministrazione, a fronte di una sentenza della Corte costituzionale che (dichiarando l’incostituzionalità di una disposizione) ha acclarato la sussistenza di una grave discriminazione, abbia parimenti il dovere di adoperarsi, nei limiti fissati dalla legge e nel ragionevole bilanciamento dei diversi interessi coinvolti, al fine di consentire il superamento della discriminazione medesima, ove ciò sia possibile senza incidere su posizioni da tempo consolidate. Dovere a cui l’amministrazione non ha ottemperato, omettendo di prevedere nel bando di concorso gravato il necessario meccanismo di riallineamento “virtuale” dell’anzianità dei candidati che si trovavano nella posizione del ricorrente (ovvero nella posizione indicata dalla sentenza n. 224/2020).